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C'ERA UNA VOLTA UN UOMO: AVEVA LE ORECCHIE A PUNTA E DIVENNE UNA LEGGENDA.
VESTENDO NELLA SERIE TELEVISIVA STAR TREK I PANNI DI MISTER SPOCK, PRIMO UFFICIALE DELL'ASTRONAVE ENTERPRISE, LEONARD NIMOY E' DIVENUTO UNA FIGURA OGGETTO DI DISCUSSIONI E DI DESIDERIO, NONCHE' LA PIU' RICONOSCIBILE "ICONA" SUL PIANETA TERRA.
PER MOLTI DEI SUOI 70 ANNI, TUTTAVIA, L'ATTORE HA CERCATO DI PRENDERE LE DISTANZE DAL SUO PERSONAGGIO; ORA, CON LA SUA NUOVA BIOGRAFIA I AM SPOCK (IO SONO SPOCK), CHE FA SEGUITO A QUELLA DEL 1975 I AM NOT SPOCK (IO NON SONO SPOCK), L'UOMO E IL VULCANIANO SEMBRANO ESSERSI RICONCILIATI.



La più grande opportunità fotografica del nostro tempo: Leonard Nimoy è in piedi nel bel mezzo di una quasi deserta Royal Albert Hall, da poco equipaggiata con rocce di polistirolo e astronavi al neon. Qualcosa indica che dovrebbe essere una notte di festa o, piuttosto, "una festa danzante per giovani", come è ansiosa di annunciare la giovane ed entusiasta hostess.
"Una festa?", domanda Leonard Nimoy, sollevando dubbioso un sopracciglio. Ma quando il suono comincia a scemare e il basso esplode con una vibrazione che avrebbe potuto essere registrata da un sismografo, Nimoy inarca entrambe le sopracciglia e fugge verso i corridoi perimetrali della Hall, stranamente simili a quelli dell'Enterprise. Pertanto non vi sono immagini di Spock che scala una parete rocciosa su un pianeta alieno. Peccato, sarà per un'altra volta.
L'uomo che può (o non può) essere Spock sta scrutando con prudenza il locale. Sarà protagonista di una delle maggiori convention di Star Trek, che si terrà il prossimo anno alla Royal Albert Hall, e non è mai stato qui prima d'ora. Sembra molto impressionato, tuttavia la hostess pare deliziata dal fatto che sarà lei a condurre un'altra convention di Star Trek. "L'ultima è stata così affascinante", cinguetta, "c'era gente che veniva da tutta Europa. È stata una vera sorpresa".
"Sorpresa che Star Trek sia Cosi popolare?", domanda un perplesso Nimoy, fissandola con penetrante sguardo. "Perché sorpresa?". Sembra quasi che stia per aggiungere la sua celebre frase "È veramente illogico".
Se quest'uomo ha veramente dubitato di essere Spock, la sua nuova autobiografia (I Am Spock) sembra mostrare che il suo astio verso il personaggio è notevolmente scemato dagli anni Settanta, fino ad una sostanziale accettazione dell'ingombrante "fardello".
È calmo e silenzioso, reduce da una lunga giornata che, a sua volta, sembra essere solo la conclusione di una lunghissima settimana. Appare stanco. Parla con voce rauca durante la nostra chiacchierata, cercando di apparire ancora in forma, ma è difficile riuscire a capire come sia riuscito a sostenere l'intera intervista radiofonica fatta pochi minuti fa. Tutto questo è avvenuto in un piccolo ufficio appena fuori dalla zona magazzini della divisione Brent Cross della W H. Smith; prima ancora c'era stato un appuntamento al negozio per autografare il suo nuovo libro, dopo di che ecco un veloce trasferimento, in Rolls Royce, alla Royal Albert Hall per un nuovo "interrogatorio". Nessuno può stupirsi se Nimoy ora sembra distrutto. Cosa altro deve fare un personaggio per vendere la sua autobiografia?
E in tutto questo, come c'è entrata SFX? Semplice: eravamo nella Rolls Royce con lui, e ci siamo sottratti così alle scomode interruzioni delle petulanti hostess...
I Am Spock è, a tutti gli effetti, il seguito di I Am Not Spock, pubblicato nel 1975. Nimoy afferma che quel libro fu "grossolanamente frainteso. Non intendevo rinnegare Spock: il titolo era volutamente ironico, ma la maggior parte della gente non è mai andata oltre quelle parole, che ha interpretato come un atto di abiura". Così, pregando che il traffico rimanesse sempre congestionato e che non spuntasse da un momento all'altro di fronte a noi la Royal Albert Hall, SFX ha deciso di scoprire cosa Nimoy voleva rivelarci di se stesso.

Allora, sei o non sei Spock?
"Lo sono! Il titolo del libro, questa volta, è esatto".

Parli con Spock, all'interno della tua testa, come hai scritto nel libro?
"Certo. È ovvio".

Quando hai parlato con lui l'ultima volta? Cosa vi siete detti?
"Questa mattina. Per ora non posso riferire tutto quello che ci siamo detti. Me lo ha chiesto lui. Ha iniziato lamentandosi delle trascrizioni dei nostri dialoghi e mi ha intimato: "Possiamo continuare a conversare ma, per favore, smettila di raccontarlo a mezzo mondo". Io gli ho risposto: "OK".

Quindi possiamo tranquillamente annunciare che questa e' l'ultima "perla di saggezza" che Spock regalerà all'umanità?
"Ah Ah! Un'esclusiva? No, probabilmente no. Sono sicuro di riuscire, prima o poi, a fargli cambiare idea".

Non temi che uno psichiatra possa analizzare le tue conversazioni riportate nel libro? Non pensi che le troverebbe quanto meno... strane?
"No, poiché servono a spiegare meglio il contenuto del mio libro. Ti faccio un altro esempio: ho girato gli Stati Uniti con una commedia intitolata Vincent, in pratica un recital (per un solo attore) su Vincent Van Gogh, e ho riproposto l'opera per alcuni tour, durante un periodo di oltre tre anni, esibendomi in 150 rappresentazioni in oltre 35 città.
"Dopo aver concluso le rappresentazioni in ogni città, chiudevo in diciotto grosse casse il materiale di scena e lo spedivo alla nuova destinazione. La nostra era una piccola compagnia (non più di 5-6 persone oltre a me), e al termine del tour le casse venivano riportate in un magazzino a Los Angeles.
Nel giro di pochi mesi, sentivo dentro di me una voce che diceva: "C'è un entità vivente dentro queste casse, e tu le hai confinate in un magazzino dove io non posso respirare". A questo punto capivo ed esclamavo: "È ora di portare Vincent a fare un nuovo tour".
"Poi, un giorno, decisi di registrare lo show presso un network americano e, dopo aver realizzato la videocassetta, la voce che mi chiamava tacque. Ormai era racchiusa in una cassetta, ed era sufficiente inserirla in un videoregistratore per farla tornare in vita. Capisci, ora non correva più il rischio di ammuffire in un magazzino.
"In un certo senso ho provato la medesima sensazione con la "voce" di Spock. Ora è tutto ok: abbiamo vissuto assieme bellissimi giorni. Lui ha i suoi ricordi, io i miei. È un'ottima cosa, sempre che non tiriamo fuori qualcos'altro dallo scatolone... ".


Vuoi dire che il primo libro ha ferito il suo amor proprio? Questo è forse un sistema per scusarti con lui?
"In un certo senso... in realtà no. Come vi ho già spiegato, il primo libro è stato male interpretato. Non ho fatto nulla per rinnegare Spock. Lui è stato, e' e sarà sempre una parte molto importante della mia vita. Ma, dal 1975, molte cose sono cambiate fra noi, e ho avuto modo di rivalutare profondamente la nostra amicizia".

Quale è stato il tuo periodo più felice con Spock?
"Ricordo che abbiamo sfondato a metà della prima stagione dell'originale e il successo è proseguito anche durante la seconda stagione.
La terza, purtroppo, è stata alquanto fiacca, e soprattutto non buona per Spock. Penso, in ogni caso, che il Vulcaniano abbia dato il meglio di se stesso nel terzo e nel quarto film".

Lo Spock che torna in Star Trek IV e' assai differente...
"Certamente. In Star Trek IV è molto "distante": è alla ricerca di se stesso e questo suo atteggiamento introspettivo lo rende parecchio distaccato. Verso la fine, pero', quando dice a suo padre: "Di' a mia madre che mi sento bene", capisce chi era e cosa era divenuto".

Sono vere le voci che dicono che pensi di non comparire più come Spock?
"Non proprio. L'ultima volta che Spock è apparso sullo schermo, stava portando a termine una missione diplomatica presso l'impero Romulano, in The Next Generation, e naturalmente sarete lieti di apprendere che tutto è andato per il meglio; io penso però che non lo rivedremo più. Per essere esatti, non credo che potrò interpretare ancora Spock".

Quanto della tua vita è stato dedicato a Star Trek?
"Una buona parte. Quasi tutta. Negli ultimi 30 anni ho avuto dei periodi nei quali Spock e Star Trek dominavano la mia esistenza, mentre in altri le facevano solo da sfondo; in ogni caso erano sempre presenti".

C'è qualcosa, fra quello che ti chiedono gli appassionati, che non vuoi fare?
"Alcune cose. È sempre un problema di quanto una cosa sia o meno appropriata. Mi è stato chiesto molte volte di comparite come Spock al di fuori di Star Trek, e spesso ho rifiutato. Io ritengo che Spock esista e abbia un senso in un contesto di film o spettacoli, e che debba apparire solo al loro interno. Non è una cosa che si può portare in giro, mettere su un cavallo per una parata e così via. L'ho fatto una volta e non ho intenzione di ripeterlo. È stata un'esperienza tutto sommato degradante".

Ti dispiace che la gente, guardando spettacoli come Vincent, pensi: "Guarda Spock che interpreta Van Gogh", anziché pensare a Leonard Nimoy?
"No. Mai. In effetti vi fu un caso: accadde negli anni Settanta, mentre interpretavo Caligola nel Texas. Nello show avevo una battuta che diceva: "Dobbiamo essere logici". Quello fu un istante di particolare tensione ma, anche se avessi sentito un risolino fra il pubblico, l'avrei certamente ignorato. A parte alcuni momenti come questo, però, non ho mai avuto particolari problemi".

Quali sono le tue interpretazioni non "spockiane" preferite?
"Ho recitato nella commedia 'The Man with the Glass Booth', dove mi calavo nei panni di un uomo accusato di essere un criminale di guerra nazista; eravamo al vecchio Globe Theatre di San Diego. lmpersonare poi il marito di Ingrid Bergman, in 'Una donna chiamata Golda', è stato veramente emozionante; inoltre fu la sua ultima interpretazione. Lavorare con Henry Fonda è stato meraviglioso. Purtroppo la serie televisiva che ci ha visto protagonisti non era un granché".

Sei sicuro di non avertene a male se, fra 100 anni, la gente ti ricorderà come Spock e non come interprete di opere di maggior valore?
"No. Mi basta essere ricordato. Non voglio pensare ad altro".

Cosa speri che rammentino di Spock?
"Che era un tipo interessante, intrigante, complesso, meritevole, alternativo, alla mano e pieno di qualità".

Be', in fondo sei diventato il sex symbol della serie, al posto del Comandante Kirk, che sicuramente era stato prescelto per questo ruolo...
"E stata una cosa bizzarra e sorprendente; almeno per me".

La Rolls si ferma a un semaforo rosso, e noi cerchiamo di capire quanto siamo vicini alla nostra destinazione... La scritta "Royal Albert Hall compare su un cartello stradale. Che sfortuna! Nimoy osserva un poster che annuncia una replica di Spazio 1999.

"Spazio 1999: da cosa deriverà il suo successo?".
Ha i suoi fan...
"Marty Landau e sua moglie Barbara Bain interpretarono questa serie dopo aver lasciato Missione Impossibile, e nello stesso tempo io mi sono trovato in Missione Impossibile per tre anni. Li conosco entrambi da una vita, perché, mentre noi giravamo Star Trek, loro lavoravano a Missione Impossibile nello studio accanto al nostro".

Deve essere molto più difficile entrare in una serie già avviata che far parte del cast sin dall'inizio delle riprese...
"Naturalmente. Alla fin fine ho dovuto eseguire il medesimo lavoro che aveva lasciato Marty, ma con una piccola differenza. Il personaggio che interpretavo, Paris, non era un vero protagonista: in molti episodi non lo si vedeva per più di qualche minuto, generalmente nella sequenza di apertura (quando veniva assegnata la missione); poi scompariva, poiché era ritenuto un mago nel camuffamento".

Cosa pensi di Babylon 5?
"Se devo essere sincero, ne so molto poco. Mio figlio Adam ha diretto un episodio, e gli è stato chiesto di dirigerne altri. Mi ha detto che è interessato a tutta la faccenda".

A proposito di Adam, tu compari in un episodio della nuova serie Outer Limits che lui ha diretto. Come è successo?
"Siamo giunti insieme alla stessa idea. Abbiamo girato l'episodio "I, Robot" dopo aver proposto di collaborare con i produttori, e loto hanno accettato. È stata una grande cosa. Ora Adam sta creandosi una brillante carriera".

A un certo punto sei stato il produttore esecutivo di una serie fantascientifica negli Stati Uniti, intitolata Deadly Games. Puoi parlarcene?
"Il mio incarico è stato solo temporaneo. Sinora abbiamo realizzato 13 episodi, ma non penso che ne faremo altri".

Brutta notizia. Ne avevamo sentirti parlare bene...
"Ritengo che fosse divertente, e ci stavamo sforzando per migliorarlo. Talvolta ci vuole tempo per scoprire il "cuore" di una serie televisiva. Purtroppo stavamo lavorando con la nuova Paramount, e loro non amano attendere per vedere se in futuro una serie avrà successo. Vogliono risultati immediati: se una serie non decolla subito, viene tagliata".

Sembra che anche Star Trek: Voyager abbia avuto dei problemi...
"Credo che sia una delle poche serie televisive create appositamente per operare un vero rinnovamento".

Come giudichi il modo in cui trattano i Vulcaniani?
"Ne ho visto solo uno, Tuvok. Sinceramente non so... Non capisco che senso abbia utilizzare un vulcaniano di colore, ma questo, in realtà, non significa nulla. La cosa veramente importante è: come si comporterà? Sinora non ho visto altro che un modo di fare molto simile a quello di Spock, privo di innovazioni o idee particolari".

Pensi di tornare a fare il regista?
"Spero di riuscire a realizzare un nuovo spettacolo: si tratta di una commedia drammatica sui rapporti fra madre e figlia. Potrò darvi maggiori notizie non appena avrò formato il cast".

In ogni caso, tu devi essere grato a Spock, che ti ha aiutato a scegliere la carriera di regista...
"E' vero, ma ritengo di essere comunque portato per questo tipo di lavoro. Il mio più grande dubbio erano le reazioni degli attori del cast a questa mia iniziativa, ma la cosa non ha suscitato problemi"

Sembra che nei tuoi film tutti i personaggi di Star Trek si esprimano al meglio delle loro possibilità...
"Sì, è la stessa, identica "ricetta" di Missione Impossibile: ogni personaggio, all'interno della storia, deve svolgere un ruolo molto preciso".

Nonostante George Takei dica che è stata eliminata la sua scena principale in Star Trek IV...
"Ah, Ah! George ha speso un sacco di tempo e di energia per preparare al meglio quella scena, che prevedeva l'incontro, nel centro della Chicago dei giorni nostri, con un bambino che, in seguito, si rivelava essere uno dei suoi antenati. Sfortunatamente, quel giorno, il bambino non ha voluto recitare.
Mi dispiace per George, ma non ho potuto aiutarlo".

In I Am Spock racconti che sei andato subito d'accordo con Nick Meyer, regista di Star Trek II e VI e co-soggettista di Star Trek IV.
"Sì e no. Nick è un tipo dinamico, interessante e di grande creatività, oltre a essere un grande lavoratore. Siamo andati abbastanza d'accordo durante le riprese di Star Trek II. Inoltre ha riscritto quasi completamente il soggetto per Star Trek IV, e vi ha aggiunto alcune meravigliose innovazioni. Infine ha sviluppato alcune buone idee per Star Trek VI; io ero il produttore esecutivo, e l'ho scelto come regista.
"Abbiamo però avuto una divergenza di opinioni sul soggetto finale. Io non ero soddisfatto, perché mi sembrava che qualcosa fosse andata persa. Il film ha certamente i suoi meriti, ma penso che ci fosse almeno un altro elemento che doveva essere aggiunto, per dare il "tocco finale", nella parte del film in cui Kirk e McCoy vengono portati nell'Impero Klingon, incriminati per omicidio.
A questo punto ho detto: "Riveliamo qualcosa sui Klingon che nessuno ha mai visto prima d'ora". Avevo pensato a un segreto sensazionale, qualcosa che generasse uno spontaneo "Wow" da parte del pubblico che avrebbe poi commentato "Hai visto la stanza segreta dei Klingon o qualcosa di simile. Purtroppo Nick non è riuscito a realizzare nulla del genere".

Si dice che sia un buon regista, ma che non sia ancora ben addentro alla mitologia di Star Trek...
"Sono parzialmente d'accordo. Però è riuscito a catturare in modo meraviglioso alcuni aspetti dell'universo di Star Trek. Tuttavia, ancora gli sfugge questo grande mistero, ovvero il lato culturale e "mistico" dell'immaginario trekkiano"".

Ecco la Royal Albert Hall. La Rolls accosta presso una delle porte posteriori, l'addetto esce dalla macchina e torna dopo un attimo dicendoci che l'intervista è finita. Resta solo il tempo per un'ultima grande domanda.

Ancora un'osservazione sul libro, se non ti dispiace: sembra stranamente libero dalle frecciate su Shatner.
"Le frecciate su Shatner?"

Come sai, la stampa ama ingigantire tutte le notizie...
"So come vanno le cose. Io e Bill non sempre siamo andati d'accordo, ma ho un grande debito verso di lui. Non avrei potuto sviluppare Spock, come ho fatto, senza essere la controparte di Kirk. Questo libro tratta del mio rapporto con Spock, e ho parlato di Bill solo in relazione a questo personaggio. Non l'ho trascurato volontariamente".


Lunga vita e prosperità, Leonard Nimoy!

(di Jonathan Norton, da Cinema SFX n.1, 4/96)

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